La disciplina degli enti lirici, anche dopo la riforma del 1967, era caratterizzata da un modello pubblicistico che presentava una serie di criticità: la totale dipendenza dai finanziamenti pubblici, l'ingerenza degli organi politici sia centrali che locali, la burocratizzazione crescente degli enti stessi, il costo eccessivo del personale dipendente. 
I problemi di carattere finanziario ed il crescere del deficit hanno reso necessario prima la creazione del Fondo Unico per lo Spettacolo nel 1985 e poi l'assunzione della veste privatistica nel 1996 (d. lgs. n. 367/1996): iniziava così il processo di privatizzazione degli enti lirici trasformati in fondazioni di diritto privato. 
I vantaggi di tale trasformazione dovevano ravvisarsi nello snellimento degli organi e, soprattutto, nella privatizzazione del rapporto di lavoro. 
Con riguardo a tale ultimo aspetto, la disciplina del contratto a termine dalla L. n. 230/1962 al d. lgs. 81/2015 ha visto una serie molto ampia di interventi legislativi, talvolta anche di segno opposto diretti ad indebolire un principio fondamentale dell'ordinamento lavoristico: il rapporto di regola ad eccezione tra contratto a tempo indeterminato e a tempo determinato. 
Il rispetto di tale principio imporrebbe, tuttavia, l'adozione di norme di contrasto al ricorso abusivo all'assunzione precaria e sanzionatorie delle eventuali violazioni. 
Le riforme lavoristiche degli ultimi anni, invece, sembrano muoversi nella direzione opposta fino a culminare nel d. lgs. 81 del 2015 a mente del quale non è necessaria una causa obiettiva - organizzativa, produttiva, tecnica, sostitutiva- che giustifichi l'assunzione precaria. 
Nel testo del decreto legislativo n. 81 del 2015 è disposta la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato nel caso del superamento del limite temporale di 36 mesi o nel caso di violazione dell'apposita procedura di stipulazione assistita che consente - per la durata di ulteriori 12 mesi - di superare una sola volta il suddetto ammontare comprensivo di proroghe e rinnovi. 
Ai sensi dell'art. 21 del detto decreto, nel caso di ricorso a un numero di proroghe superiore a cinque si ha trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato solo a partire dalla sesta proroga etc. 
La misura sanzionatoria della conversione del contratto a termine, attuabile per via giudiziaria, tuttavia allo stato non è prevista nel settore pubblico, sebbene come già anticipato nel nostro articolo del 28 gennaio u.s., il dibattito sul punto sia del tutto aperto soprattutto in seguito alle sentenze della Corte di Giustizia UE. 
Nell'ambito del quadro normativo anzidetto la Corte Costituzionale, investita della questione, si è soffermata sulla legittimità delle norme riguardanti il divieto di conversione nell'ambito del settore musicale. 
La questione trae origine dal ricorso di un dipendente della Fondazione Teatro Maggio musicale fiorentino, assunto con ben 34 contratti di lavoro a termine reiterati per 7 anni a partire dal 1997. 
In primo grado il Tribunale ha dichiarato la nullità del termine apposto per difetto delle esigenze di temporaneità e la conseguente instaurazione di un contratto a tempo indeterminato. La decisione veniva confermata anche in appello. 
La norma applicata dai giudici di merito ossia l'art. 3 D.L. 64/2010 come convertito dalla L. 100/2010 , tuttavia,  subiva una modifica ad opera del D.L. 69/2013 "Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia", finendo col privare del diritto alla stabilizzazione del posto di lavoro anche chi che aveva ottenuto una pronuncia favorevole.  
Il giudice a quo però riteneva che si stava perpetrando una violazione dei principi costituzionali di uguaglianza, ragionevolezza e affidamento e ha rimesso la legittimità della riforma del 2013 al vaglio della Corte Costituzionale. 
Se da un lato, infatti, il legislatore si era mosso nel senso della privatizzazione degli enti lirici, dall'altro - con il divieto assoluto di conversione del contratto di lavoro a termine in contratto a tempo indeterminato per i dipendenti degli enti stessi - aveva dato vita ad una evidente disparità di trattamento tra i lavoratori dipendenti delle fondazioni musicali e gli altri lavoratori del settore privato. 
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 260 dell'11 dicembre 2015 ha  dichiarato l'illegittimità  costituzionale  dell'art.  40,  comma  1-bis,   del decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il rilancio dell'economia), [...] "nella parte in cui prevede che  l'art.  3, comma 6, primo periodo, del decreto-legge  30  aprile  2010,  n.  64, [...] si interpreta  nel  senso  che  alle  fondazioni lirico-sinfoniche, fin  dalla  loro  trasformazione  in  soggetti  di diritto privato, non  si  applicano  le  disposizioni  di  legge  che prevedono la stabilizzazione del rapporto di lavoro come  conseguenza della violazione delle norme in materia di stipulazione di  contratti di lavoro subordinato a termine". 
La Consulta, con la decisione in commento, ha ammesso che anche per i dipendenti delle fondazioni liriche, in quanto enti di diritto privato, la violazione delle norme riguardanti il contratto a termine e l'assenza degli elementi che legittimerebbero la sua temporaneità, devono necessariamente condurre alla conversione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato. 
 
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