Presto entrerà in vigore il Disegno di legge Gelli (Ddl Gelli) per la riforma della
responsabilità dei medici, che l’11 gennaio scorso è stato approvato al Senato
ed è adesso al vaglio della Camera dei Deputati.
Il disegno di legge, che porta la firma del Responsabile
Sanità del Partito Democratico Federico Gelli, si pone l’obiettivo di riformare
completamente la tematica della responsabilità, sia civile che penale, dei
medici nei confronti dei pazienti.
La ratio della riforma è ispirata dalla volontà di tentare di
migliorare il “rapporto di fiducia” che dovrebbe esistere tra il medico ed i
pazienti. Rapporto che, negli ultimi anni, si è andato sempre più incrinando,
con la conseguenza che – da un lato – il
contenzioso in materia di c.d. malpractice sanitaria è notevolmente aumentato e – dall’altro – i medici
lavorano costantemente con il timore che i pazienti (o i suoi eredi) un
domani lo citeranno in giudizio.
Ad oggi, se in sala
operatoria “qualcosa va storto” un medico rischia una condanna penale per
omicidio colposo. Ed è proprio per il timore di sbagliare e di finire in
Tribunale che i medici sono “condizionati” nel proprio lavoro, finendo talvolta
per “dribblare” trattamenti complessi, ma utili per la salute dei pazienti.
Per questi motivi, in
Italia, si sente sempre più spesso parlare di c.d. medicina difensiva, la quale – come noto – si concretizza in condotte
che gli operatori sanitari adottano al fine di evitare eventuali
responsabilità.
Dette condotte possono
essere di due tipologie ed al riguardo si parla di:
- Medicina difensiva negativa, che si verifica allorquando il medico al fine di non porre in essere condotte presumibilmente compromettenti, evita – ad esempio - di effettuare interventi chirurgici rischiosi (poiché si sa, chi non fa, non sbaglia), anche qualora questi potrebbero “salvare” la vita del paziente.
- Medicina difensiva positiva, che consiste nella prassi di sottoporre i pazienti a trattamenti non necessari, se non in funzione della “linea difensiva” che potrebbe giustificare – un domani – il medico dinanzi ad un giudice.
Con
il risultato che i medici, per mettersi al riparo da possibili contenziosi con
i pazienti, propongono cure alternative ai più “compromettenti”, ma talvolta
anche salvifici interventi chirurgici (medicina difensiva
negativa), o, sempre al
fine di non vedersi accusati ingiustamente, sottopongono i pazienti a cure non
necessarie, ma che comunque “pesano” sulle casse del Servizio Sanitario
Nazionale (medicina difensiva positiva).
Per dirla in maniera
semplice, negli ultimi tempi il medico si è visto costretto a curare il
paziente dovendo tenere a mente più che
la salute del paziente stesso la necessità di evitare - un domani – una
citazione in giudizio.
Ecco che, dunque e sebbene
siano passati pochi anni dalla c.d. legge
Balduzzi [1] si è sentita la
necessità di “riscrivere” la materia, per far fronte – essenzialmente a due
obiettivi:
- garantire maggiori tutele per il medico;
- assicurare maggiore trasparenza nei confronti dei pazienti, prevedendo inoltre vie più rapide e più sicure al fine di ottenere un risarcimento per i danni cagionati dalla “malasanità”.
Vediamo come.
La responsabilità civile del medico
Con la riforma
cambiano i connotati della responsabilità civile del medico, che non avrà più
natura contrattuale (ex art. 1218 c.c.), ma extra-contrattuale (ex art. 2043
c.c.).
Tale mutamento non è
di poco conto, atteso che cambia l'onere della prova. D’ora in poi sarà il paziente a dover provare “la
colpa” del medico e non più il medico a dover dimostrare di non aver sbagliato.
Altra conseguenza è
che si “accorcia” il termine prescrizionale per il paziente che intenda
ottenere un risarcimento del danno derivante da malpractice sanitaria. Il danneggiato, a tal fine, non avrà più 10
anni, ma soli 5 anni per promuovere l’azione.
La responsabilità civile della struttura
sanitaria
Per la struttura
sanitaria, invece, la responsabilità
continua ad avere natura contrattuale. Sarà detta struttura, dunque, a
dover dimostrare di non avere avuto responsabilità nei casi di “malasanità”.
Con l’ulteriore conseguenza – facilmente intuibile – che il paziente sarà più
incentivato a promuovere una causa
contro l’azienda ospedaliera, che nei confronti del singolo medico
(anche in considerazione delle maggiori disponibilità economiche della prima
rispetto al secondo).
La responsabilità penale del medico
Si “alleggerisce” la
responsabilità penale del medico. Il Ddl Gelli, infatti, prevede l’inserimento
di un nuovo articolo nel codice penale (segnatamente l’art. 590 ter c.p.) [2], in base al quale l’esercente la
professione sanitaria che provoca la morte o la lesione personale del paziente
a causa della propria imperizia risponde dei reati di omicidio colposo [3] e lesioni personali colpose [4] soltanto in caso di colpa grave.
Tale colpa, però,
viene meno quando il medico abbia agito nel rispetto delle c.d. buone pratiche
assistenziali, delle raccomandazioni e delle linee guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità.
La conciliazione stragiudiziale e l’obbligo di
assicurazione
Per tutte le
controversie relative ai casi di responsabilità medica (e con evidente scopo
deflattivo del contenzioso in materia) sarà obbligatorio tentare una conciliazione stragiudiziale prima di
rivolgersi al giudice, pena l’improcedibilità dell’azione giudiziaria.
In questo modo i
tempi per ottenere un risarcimento dei danni derivanti da malasanità si
ridurrebbero e tutte le strutture sanitarie sarebbero obbligate ad assicurarsi.
Di conseguenza,
inoltre, se il cittadino non riuscisse ad ottenere il risarcimento dovuto dall’azienda
ospedaliera, ben potrebbe rivolgersi alla compagnia
assicurativa.
Il c.d. fondo di garanzia
Altra novità molto
interessante è quella relativa all’introduzione di un fondo di garanzia a tutela
degli interessi dei pazienti che devono essere rimborsati. Detto fondo,
infatti, risarcirà i danni subiti dai pazienti nei casi in cui gli importi
eccedano i massimali delle polizze stipulate dalle strutture sanitarie o nei
casi di insolvenza delle stesse società assicurative.
[1] L. n. 189 del
08.11.2012.
[2] Art. 590-ter. - (Responsabilità colposa per morte o
lesioni personali in ambito sanitario) - L'esercente la
professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a
causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita
risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave.
Agli effetti di quanto previsto dal primo comma, è
esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso
concreto, sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le
raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi
di legge».
[3] Art. 589 cod. pen.
[4] Art. 590 cod. pen.
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