martedì 9 maggio 2017

Autovelox e obblighi della P.A.

Il G.d.p. di Milano ha accolto il ricorso promosso da un automobilista e annullato il verbale e l’ordinanza prefettizia perché l’Amministrazione non ha fornito la prova dell’esistenza sul luogo di rilevamento della necessaria segnaletica.

Secondo il Giudice onorario di Milano[1], l’art. 142 C.d.S., che stabilisce l’obbligo di segnalare la presenza dell’autovelox, deve essere inteso nel senso che l’onere della prova, che grava sull’Amministrazione deve essere assolto sia nel verbale che nell’ordinanza del Prefetto. In mancanza, sarebbe evidente e palese la violazione dell’art. 142 C.d.s.
Il Giudice meneghino sostiene che, in virtù della L. n. 689/1981 e del D.L. n. 150/2011, spetta all’Amministrazione provare gli addebiti sollevati al ricorrente, la legittimità della contestazione e la responsabilità dell’accadimento.

Ma v’è di più.

Il caso de quo, necessita di un’ulteriore considerazione di merito.
Infatti, sempre secondo lo stesso giudice nella sentenza in commento, la Prefettura, nell’ordinanza ingiuntiva, non ha fornito (NEANCHE!) la prova che la strumentazione utilizzata per il rilevamento della velocità fosse stata sottoposta all’obbligatoria periodica taratura e/o ai periodici controlli equivalenti.
Occorre tener conto, in proposito, del principio espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n.9645/2016 con cui ha affermato che tutte le apparecchiature che sono impiegate nel rilevamento dei limiti di velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura e, di ciò, se ne deve dar prova. 
La questione ruota intorno al profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, C.d.S.[2] (riguardante, per l’appunto, il controllo e l’omologazione delle apparecchiature e degli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico) nella parte in cui non prevede, per le apparecchiature che accertano e rilevano automaticamente violazioni del limite di velocità, un obbligo di verifica periodica sulle loro funzionalità e la loro taratura.

La Corte Costituzionale, dal canto suo, con la pronuncia di incostituzionalità suddetta, non specifica quale debba essere tale periodicità ma siffatto intervallo temporale si può desumere da quello in vigore per gli altri strumenti analoghi, ovverosia l’annualità. 
Il tutto, infatti, si rende necessario per determinare la validità dell’accertamento posto in essere, data la sua irripetibilità. Il controllo di velocità, infatti, si esaurisce in un istante logico-temporale del quale non è possibile fornire prova contraria se, lo strumento con cui si è effettuata la rilevazione, è difettoso o non tarato bene.
Sempre secondo la Consulta, gli enti - Comuni, Regioni, Stato - che utilizzano i detti strumenti devono effettuare la taratura e fornire la relativa documentazione probatoria. Ciò significa che il verbale di accertamento della violazione del limite di velocità deve contenere espressamente l’indicazione della data “di revisione” e delle sue modalità. 

Da quanto esposto deriva che oltre alla prova della presenza della segnaletica adeguatamente posta in anticipo rispetto al luogo in cui è effettuato il rilevamento[3], il verbale deve indicare l’ulteriore circostanza affermata, appunto, nel predetto principio espresso dalla pronuncia della S.C. di Cassazione[4]
Sulla scorta di tali principi e considerazioni giurisprudenziali, il G.d.p. di Milano ha annullato l’ordinanza della Prefettura, il verbale prodromico e, per effetto della contumacia dell’Amministrazione, ha compensato le spese di lite tra le parti.



A cura di David Valente
Studio Legale Samperisi&Zarrelli
Produzione riservata

[1] G.d.p. Milano, sent. n.537 del 22 marzo 2017.

[2]  Corte Costituzionale, sent. n. 113 del 18 giugno 2015.

[4]  Cass., Sez II, sent. n.9645 del 16 maggio 2016

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