Ecco quando il lavoratore ha diritto a vedersi retribuito anche il tempo
necessario per indossare e togliere gli abiti da lavoro
Il diritto dei lavoratori ad ottenere la
retribuzione anche per il tempo necessario ad indossare e poi togliere gli abiti da lavoro
è da sempre molto dibattuto.
Ci si domanda, in particolare, se il tempo
impiegato dal dipendente per vestire e poi dismettere la divisa rientri
o meno nell’orario di lavoro, che –
come tale – deve essere retribuito.
I risvolti economici della questione non
sono di poco conto, atteso che molte volte le attività di vestizione/svestizione
richiedono tempistiche non indifferenti (in media 20 minuti al giorno).
Cerchiamo di fare chiarezza.
Che cos’è il c.d. tempo di
vestizione?
Il tempo
di vestizione (anche noto come "tempo
tuta") è il tempo che il dipendente
impiega per indossare e poi togliere la divisa o gli abiti di lavoro.
Si pensi, ad esempio, ad un infermiere. Detto operatore, per
ragioni igieniche e sanitarie, dovrà necessariamente indossare un camice ed effettuare - prima di
prendere servizio - tutta una serie di operazioni
propedeutiche allo svolgimento dell’attività lavorativa. Tali operazioni, a
maggior ragione, dovranno essere svolte dai
medici o dagli "addetti" ai laboratori
analisi.
Si tratta, in ogni caso, di operazioni che
richiedono – prima e dopo lo svolgimento dell’attività lavorativa "vera e
propria" - ulteriore tempo. Tempo definito, per l’appunto, "di
vestizione".
Tralasciando l’ambito ospedaliero, sono
molte le professioni che devono essere svolte necessariamente "in divisa".
Si pensi ad uno chef che è sempre a contatto con il cibo o, ancora, al
personale di talune aziende che impongono ai propri dipendenti - per le più
svariate ragioni (di protezione da eventuali rischi, igieniche, sociali, o
semplicemente estetiche) - di indossare determinati abiti da lavoro.
La domanda che a questo punto ci si
potrebbe porre è la seguente.
Il tempo che il dipendente impiega per indossare e poi togliere la
divisa o gli abiti da lavoro deve essere retribuito?
Ebbene, al fine di valutare se il tempo
occorrente per tali operazioni debba essere retribuito o meno occorre
distinguere due diverse ipotesi.
La prima ipotesi è quella in cui sia
data facoltà al lavoratore di
scegliere il tempo ed il luogo ove indossare la divisa. Se, ad
esempio, il dipendente può scegliere di indossare la divisa presso la propria abitazione e prima di recarsi al lavoro la relativa
attività, secondo la giurisprudenza dominante, fa parte degli atti di mera diligenza preparatoria
allo svolgimento della prestazione lavorativa. Detta attività meramente
preparatoria, come tale, non deve essere retribuita.
La seconda ipotesi, invece, si verifica
quando il lavoratore non ha alcuna facoltà di scelta in quanto le c.d. attività di vestizione sono dirette dal datore di lavoro,
che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione.
In tal caso, il tempo necessario per indossare e poi togliere la divisa o gli abiti
di lavoro rientra nell’orario di lavoro effettivo, che in quanto tale dovrà
essere retribuito [1].
Tale
soluzione è assolutamente conforme al dettato della legge [2] che,
con l’espressione «orario di lavoro» si riferisce a «qualsiasi periodo in cui il lavoratore resta
a disposizione del proprio datore di lavoro, nell’esercizio delle sue attività
lavorative o delle sue funzioni».
Ebbene, se anche le attività di
vestizione e di svestizione sono eterodirette dal datore di lavoro ne consegue
che anche il tempo necessario ad eseguire le stesse andrà valutato alla stregua
di orario effettivo di lavoro, computabile
- quindi - ai fini del calcolo della retribuzione.
Alla luce della normativa vigente, dunque, il discrimen tra ciò che è orario di lavoro
(oggetto, dunque, di retribuzione) e ciò che non lo è consiste nell’eterodirezione, cioè
nell’assoggettamento del lavoratore all’esercizio del potere organizzativo,
direttivo e di controllo da parte del datore di lavoro.
Ciò posto, ne consegue che
qualora il datore di lavoro imponga ai propri dipendenti l’utilizzo di divise
aziendali ed imponga altresì i tempi ed i luoghi di vestizione (pretendendo, ad
esempio, che la divisa venga indossata e tolta entro determinate tempistiche e presso
il luogo di lavoro), allora il tempo necessario per la vestizione/svestizione
rientra nell’orario di lavoro da retribuire, in quanto attività ausiliaria al
corretto svolgimento dell’attività lavorativa stessa.
L’assunto è peraltro coerente con i
precedenti giurisprudenziali, avendo più volte la Corte di Cassazione affermato
che la nozione di "effettiva prestazione" deve interpretarsi nel
senso che «siano da ricomprendere nelle
ore di lavoro effettivo, come tali da retribuire, anche le attività
preparatorie o successive allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché
eterodirette dal datore di lavoro, fra le quali deve ricomprendersi anche il tempo necessario ad indossare la divisa
aziendale, qualora il datore di lavoro ne disciplini il tempo ed il luogo
di esecuzione» [3].
Inoltre, come ha recentemente precisato la Corte di
Cassazione [4] l’eterodirezione del
tempo e del luogo ove indossare la divisa o gli indumenti necessari per la
prestazione lavorativa, può derivare sia dall'esplicita disciplina
d'impresa, che risultare implicitamente
dalla natura degli indumenti da
indossare o dalla specifica funzione che essi devono assolvere
nello svolgimento della prestazione.
Ciò posto, il lavoratore avrà diritto alla retribuzione del tempo necessario ad
indossare la divisa non solo nel caso in cui il tempo di vestizione sia
oggetto di una imposizione da parte del
datore di lavoro, ma anche nell’ipotesi in cui la vestizione/svestizione
siano auspicabili per motivi sanitari,
di igiene o di pulizia correlati allo svolgimento della prestazione lavorativa.
[1] Cfr. sul punto, ex
multibus, Cass. Civ. sez. lav. n. 2135 del 31.01.2011; Cass. Civ. sez. lav. n.
19358 del 10.09.2010;
[2] Art. 1, co. 2, lett. a), D. Lgs n. 66/2003.
[3] Cass. Civ. sez. lav. n. 15492 del
02.07.2009; conforme: Cass. Civ. sez. lav. n. 19273 del 08.09.2006.
[4] Cass. Civ., sez. lav. sent. n. 1352 del
26.01.2016.
Samperisi&Zarrelli Studio Legale
Produzione riservata
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