mercoledì 19 aprile 2017

Co.co.co scuola: diritto alla stabilizzazione ed al risarcimento

È ormai innegabile la violazione commessa dal MIUR ai danni dei c.d Co.co.co della scuola che da moltissimi anni  prestano – in condizioni di insopportabile precariato -  la propria attività lavorativa nelle scuole italiane.

I "Co.co.co della scuola" rappresentano una categoria di precari ormai storica.
Le loro "vicissitudini lavorative", infatti, sono cominciate nel lontano 1989 quando - secondo la normativa allora vigente e a seguito della approvazione di graduatorie pubbliche da parte degli Uffici Provinciali del Lavoro - furono inizialmente impegnati in progetti di utilità collettiva negli Enti Pubblici ed in seguito, nel 1996, avviati ai lavori socialmente utili (LSU) presso le segreterie delle istituzioni scolastiche.
Nel 2001 è intervenuto il MIUR che con il decreto n. 66/2001 ha trasformato il loro rapporto di lavoro da LSU in Co.co.co.

Detti lavoratori, quindi, dal 1° luglio 2001 prestano la propria attività nelle segreterie scolastiche con contratto di Co.co.co, ovvero di collaborazione coordinata e continuativa.
In realtà, il decreto n. 66/2001 avrebbe dovuto rappresentare l’inizio di un percorso di stabilizzazione per questi lavoratori, i quali – invece -  a tutt’oggi continuano a vivere in una condizione di estenuante precariato.
Si tratta di un numero cospicuo di lavoratori che subisce da ormai 17 anni l’illegittima precarizzazione della propria condizione lavorativa. Condizione lavorativa che viene rinnovata con illegittime proroghe e con contratti che prevedono 30 ore di lavoro settimanale senza alcun genere di retribuzione in caso di malattiapermessi di nessun tipo, né – tantomeno – diritto a ferietredicesima mensilità e quant’altro previsto per il medesimo personale assunto, però, a tempo pieno.

Più che giustificata, dunque, la protesta di centinaia di precari della scuola che altro non chiedono se non il rispetto della legge.
Al riguardo, forse non tutti sanno che il contratto di lavoro a tempo determinato nasce dalla volontà del legislatore di sopperire ad esigenze produttive ed organizzative temporanee e costituisce un’eccezione alla regola (che è quella – per l’appunto – dell’assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato).
Per questo motivo, la stipula di contratti a termine deve essere soggetta a dei limiti. Limiti che, con riferimento a questa categoria di lavoratori, sono stati enormemente violati.
Non v’è chi non veda, infatti, come dopo anni e anni di precariato essi siano diventati di fatto una risorsa strutturata del MIUR, che più volte ha promesso di occuparsi della loro condizione. E invece il loro rapporto di lavoro è rimasto precario, proseguendo con illegittime ed innumerevoli proroghe, col medesimo trattamento economico iniziale, determinando una grave e insostenibile situazione lavorativa, caratterizzata da una evidente discriminazione.
Al pari di  tutti gli altri lavoratori subordinati condannati per anni ad un’illegittima situazione di precariato, anche i c.d. Co.co.co della scuola hanno diritto alla tutela dei propri diritti ed alla regolarizzazione della propria posizione lavorativa che di fatto si traduce in una prestazione subordinata illegittima.

Detta situazione di illegittimità, fortunatamente, comincia ad essere rilevata anche dai Tribunali italiani.
In particolare, il Tribunale di Termini Imerese ha sancito che i Co.co.co. della scuola che da anni vengono impiegati per lo più nelle segreterie con mansioni di tipo amministrativo hanno diritto ad un risarcimento di otto mensilità.
Anche il Tribunale di Marsala ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione a corrispondere alla lavoratrice che aveva fatto causa le differenze retributive maturate negli ultimi 5 anni di lavoro.
Magistrali, al riguardo, le parole espresse dal Giudice, a detta del quale «attribuire al lavoro prestato da un precario una qualificazione di minor rilievo o differente qualità rispetto al lavoro svolto da un altro diverso prestatore sarebbe quanto meno lesivo della dignità della sua opera e del suo apporto personale ed in contrasto con l’art. 1 della Costituzione».
Non si dimentichi, infatti, che la nostra Costituzione esordisce così: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro».

È importante, quindi, far valere i propri diritti.
Il lavoro deve nobilitare l’uomo, non condannarlo a sopportare una situazione di ingiustificata precarietà lunga una vita.

Studio Legale Samperisi&Zarrelli
Produzione riservata 


Nessun commento:

Posta un commento