mercoledì 1 marzo 2017

Sì alla genitorialità per le coppie omosessuali?

Per la prima volta in Italia una coppia omosessuale può avere un figlio grazie alla maternità surrogata.

«I figli sono di chi li cresce».
E su questo non c’è dubbio.
I "dubbi" sorgono nel momento ci si domanda se a crescerli possano essere due persone dello stesso sesso.
Si tratta di un interrogativo la cui risposta implica – ormai da tempo – dibattiti e polemiche.
Polemiche che l’ordinanza emessa alcuni giorni fa dalla Corte di Appello di Trento [1] ha contribuito ad accendere ulteriormente.
Con la predetta ordinanza i Giudici hanno stabilito – per la rima volta in Italia – che una coppia di uomini omosessuali può avere un figlio grazie alla maternità surrogata, con conseguente riconoscimento della paternità di entrambi.
Secondo la Corte di Appello di Trento negare ad un bambino di avere due genitori vuol dire ledere i suoi diritti fondamentali di essere umano. A detta dei Giudici, inoltre, sono la volontà di cura e l’assunzione di responsabilità a rendere genitori, più del legame biologico.
Così ragionando, con l’ordinanza in parola i giudici [2] hanno decretato che due gemelli, nati negli Stati Uniti grazie alla procreazione assistita, possono avere due papà: uno biologico e l’altro no, ma entrambi con lo status formale di genitore.
Si legge nell’ordinanza destinata a passare alla storia che  «è da escludere che nel nostro ordinamento ci sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato. All’opposto deve essere considerata
- l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato;
- la favorevole considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione;
- la possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nel cado di specie il padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite».

Si tratta di una pronuncia sì destinata a fare storia, ma anche ad infuocare un dibattito che difficilmente verrà sopito.

[1] Corte d’Appello di Trento, ordinanza del 23.02.2017.
[2] ponendosi in linea con il filone giurisprudenziale inaugurato con la sentenza della Corte di Cassazione n. 19599/2016


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