domenica 28 gennaio 2018

Part time: chi decide la riduzione dell'orario di lavoro?

Se il datore di lavoro decide senza il consenso del lavoratore, il part time è nullo e il dipendente ha diritto al risarcimento
Capita spesso, soprattutto in periodi di crisi come questo, che il datore di lavoro proponga ai propri dipendenti una riduzione dell’orario di lavoro per far fronte a problemi di natura organizzativa e produttiva dell’azienda. Sul punto è bene sapere che il passaggio da un rapporto di lavoro a tempo pieno ad un rapporto di lavoro a tempo parziale è regolato da tutta una serie di tutele, previste al fine di evitare che il lavoratore subisca passivamente la riduzione del proprio orario di lavoro come un’imposizione. In particolare:
  • la trasformazione dell’orario di lavoro (sia essa in aumento o in diminuzione) deve essere il frutto di una scelta condivisa fra le parti e non può essere in alcun modo imposta dal datore di lavoro;
  • l’accordo deve obbligatoriamente essere messo per iscritto;
  • qualora il dipendente non accettasse la riduzione dell’orario di lavoro, il suo rifiuto non potrà essere considerato un giustificato motivo di licenziamento.
Ciò posto, ci si domanda: cosa succede se il datore di lavoro decide la riduzione dell’orario di lavoro senza il consenso del dipendente? Può il datore di lavoro mettere a part time un dipendente senza il consenso dell’interessato? A tanto risponderemo nel presente articolo.

Riduzione dell’orario di lavoro: chi decide?

La trasformazione di un rapporto di lavoro full time in un rapporto di  lavoro part time non può essere decisa dal datore di lavoro senza il consenso dell’interessato. Il datore di lavoro, dunque, non può decidere a proprio piacimento di mettere a part time un dipendente che prima lavorava full time. Ciò in quanto la riduzione dell’orario di lavoro non può avvenire a seguito di una decisione unilaterale del datore di lavoro. Al contrario è sempre necessario il consenso scritto del lavoratore, in mancanza del quale il part time è nullo e il dipendente ha diritto al pagamento delle differenze retributive rispetto al maggior orario previsto contrattualmente.  Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con una recentissima sentenza [1], ha dato ragione ad una lavoratrice che, senza il proprio consenso, si era vista ridurre il monte ore di lavoro originariamente pattuito e, dunque, lo stipendio.

Part time: chi decide?

Non c'è crisi che tenga: la scelta unilaterale dell'imprenditore di ridurre l'orario di lavoro dei propri dipendenti è nulla ed espone l'impresa a pagare la retribuzione piena ai lavoratori [2]. Ciò in quanto la variazione, sia essa in aumento o in diminuzione, del monte ore pattuito costituisce un elemento essenziale del rapporto di lavoro, la cui modificazione richiede un’esplicita manifestazione di volontà del lavoratore, che non può essere desunta per fatti concludenti, vale a dire dalla successiva condotta tenuta dalle parti. In altre parole: la prova per cui le parti hanno concordato la riduzione della prestazione oraria non può essere desunta dal comportamento successivo che le stesse hanno tenuto in costanza del rapporto, ma solo dal consenso scritto prestato dal lavoratore, in mancanza del quale  la riduzione dell’orario di lavoro è nulla.

Part time, consenso scritto e risarcimento

Come già evidenziato, il datore non può decidere unilateralmente di mettere un dipendente a part time. Senza il consenso scritto del lavoratore tale decisione è nulla, con la conseguenza che il lavoratore potrà fare causa all’azienda e pretendere le differenze retributive come se avesse lavorato a tempo pieno. In tali casi, inoltre, l’azienda non potrà difendersi affermando che le variazioni dell’orario erano comunque il frutto di accordo tra le parti, desumibile dall’avere il lavoratore eseguito le prestazioni richieste in forza dell’orario part time senza mai opporre rifiuto. Come anticipato, infatti, i comportamenti delle parti (i cosiddetti fatti concludenti) non rilevano, rileva solo il consenso scritto del lavoratore, in assenza del quale il patto è nullo ed al lavoratore spetteranno le differenze retributive per tutte le ore in meno lavorate.


[1] Cass. sent. n. 1375 del 19.01.2018.
[2] Cfr. Cass. sent. n. 24476/2011.


Studio Legale Samperisi&Zarrelli
Produzione riservata

Approfondimento già pubblicato sul sito "La legge per tutti Business" al seguente link

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