I dipendenti statali possono richiedere allo
Stato il risarcimento e l’indennizzo per aver patito il blocco
incostituzionale dello stipendio
Sono circa
86mila gli impiegati statali che
hanno visto bloccato il loro stipendio. I dipendenti pubblici,
infatti, da gennaio 2010 ad oggi - quindi per quasi otto anni consecutivi - non
hanno avuto nessun adeguamento stipendiale rispetto all’aumento del costo della
vita.
L’illegittimità e incostituzionalità del mancato rinnovo del
contratto dei dipendenti pubblici
è stata dichiarata dalla Corte Costituzionale nel 2015 [1] che ha riconosciuto che il blocco della contrattazione
collettiva viola la legge [2] che
stabilisce, per i dipendenti pubblici, il diritto all’adeguamento
annuale dello stipendio rispetto all’aumento del costo della
vita.
Stipendio statali: sblocco dei contratti
In attesa del
via libera allo sblocco dei contratti degli
statali, che dovrebbe avvenire a breve e nonostante le promesse del Governo dell’esiguo
rimborso una tantum in busta paga resta il problema relativo al danno subito dai lavoratori pubblici negli anni passati:
gli stipendi, infatti, sono fermi dal
2010.L’illegittimità del blocco degli stipendi, però, è
limitata al periodo successivo alla pubblicazione della sentenza stessa. Ciò
non significa che per il periodo pregresso non sia possibile ottenere il
risarcimento. Sul punto, però, è bene compiere delle precisazioni.
Stipendio statali bloccato: risarcimento e
indennizzo
Il blocco
della contrattazione collettiva per gli stipendi statali è stato previsto
da una legge del 2010 [3]. Ciò
significa che dal 2010 al 2015 - anno in cui questa legge è stata dichiarata
illegittima - il mancato adeguamento degli stipendi è stato il frutto
dell’osservanza di una disposizione normativa e pertanto, sebbene produttivo di
un danno, dal compimento di
un’attività formalmente lecita. Dal momento in cui, invece, questa legge è
divenuta incostituzionale, il mancato
adeguamento – produttivo del medesimo danno – è diventato un’attività
illecita e dunque idonea a far sorgere in capo al dipendente pubblico il
diritto al risarcimento del danno.
Dunque per
riepilogare, il risarcimento deriva
dal compimento di un’attività illecita
mentre l’indennizzo dal compimento
di attività lecita. Questa distinzione giuridica non cambia la sostanza dei
fatti, ossia il diritto di poter richiedere allo Stato la liquidazione di una
somma pari a quella che il dipendente avrebbe dovuto percepire se il suo
contratto fosse stato correttamente adeguato.
Fatta questa
opportuna premessa si può dunque affermare che i dipendenti pubblici possono chiedere allo Stato il risarcimento
per inadempimento per il periodo successivo alla pubblicazione della sentenza,
ossia dal 30 luglio 2015 e fino
alla data in cui avverrà l’effettivo rinnovo del contratto. Per i
periodi pregressi, cioè per il blocco
della contrattazione negli anni che precedono la sentenza, è possibile
chiedere un indennizzo da “attività legittima” dello Stato.
Da gennaio 2010, pertanto, i dipendenti pubblici non hanno
mensilmente percepito l’adeguamento del loro stipendio a causa di un
provvedimento legislativo che nel 2015 è stato cancellato dalla Corte
Costituzionale. Il disagio economico
è stato patito in diretta conseguenza di una norma che non esiste più dal mese
di agosto 2015. Ma nonostante questo il blocco è oggi ancora attivo e gli
adeguamenti non arrivano. È di tutta evidenza che i dipendenti pubblici hanno
diritto a richiedere gli incrementi stipendiali che avrebbero dovuto ricevere
nei circa 85 mesi finora trascorsi. Pertanto ciascun lavoratore statale può
richiedere giudizialmente allo Stato il risarcimento
e l’indennizzo per aver patito
il blocco dichiarato incostituzionale.
E tra indennizzo
(dal 2010 al 30.07.2015) e risarcimento (dal
30.05.2015 all’effettivo rinnovo) si parla di cifre molto elevate che nulla hanno
a vedere con il contentino dell’una
tantum di cui si discute in questi giorni.
[1]
Corte Costituzionale, sent. n. 178 del 24.06.2015.
[2] L. n. 448/1998.
[3] dall’anno 2010 è stato disposto dall’art.
9 comma 17 del D. L. 78/2010 convertito dall’art 1 c. 1 della L. n. 122/2010.
Samperisi&Zarrelli Studio Legale
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