mercoledì 29 novembre 2017

Stipendio statali bloccato: via al maxirisarcimento


I dipendenti statali possono richiedere allo Stato il risarcimento e l’indennizzo per aver patito il blocco incostituzionale dello stipendio


Sono circa 86mila gli impiegati statali che hanno visto bloccato il loro stipendio. I dipendenti pubblici, infatti, da gennaio 2010 ad oggi - quindi per quasi otto anni consecutivi - non hanno avuto nessun adeguamento stipendiale rispetto all’aumento del costo della vita.

L’illegittimità e incostituzionalità del mancato rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici è stata dichiarata dalla Corte Costituzionale nel 2015 [1] che ha riconosciuto che il blocco della contrattazione collettiva viola la legge [2] che stabilisce, per i dipendenti pubblici, il diritto all’adeguamento annuale dello stipendio rispetto all’aumento del costo della vita.

Stipendio statali: sblocco dei contratti

In attesa del via libera allo sblocco dei contratti degli statali, che dovrebbe avvenire a breve e nonostante le promesse del Governo dell’esiguo rimborso una tantum in busta paga resta il problema relativo al danno subito dai lavoratori pubblici negli anni passati: gli stipendi, infatti, sono fermi dal 2010.L’illegittimità del blocco degli stipendi, però, è limitata al periodo successivo alla pubblicazione della sentenza stessa. Ciò non significa che per il periodo pregresso non sia possibile ottenere il risarcimento. Sul punto, però, è bene compiere delle precisazioni. 


Stipendio statali bloccato: risarcimento e indennizzo

Il blocco della contrattazione collettiva per gli stipendi statali è stato previsto da una legge del 2010 [3]. Ciò significa che dal 2010 al 2015 - anno in cui questa legge è stata dichiarata illegittima - il mancato adeguamento degli stipendi è stato il frutto dell’osservanza di una disposizione normativa e pertanto, sebbene produttivo di un danno, dal compimento di un’attività formalmente lecita. Dal momento in cui, invece, questa legge è divenuta incostituzionale, il mancato adeguamento – produttivo del medesimo danno – è diventato un’attività illecita e dunque idonea a far sorgere in capo al dipendente pubblico il diritto al risarcimento del danno.

Dunque per riepilogare, il risarcimento deriva dal compimento di un’attività illecita mentre l’indennizzo dal compimento di attività lecita. Questa distinzione giuridica non cambia la sostanza dei fatti, ossia il diritto di poter richiedere allo Stato la liquidazione di una somma pari a quella che il dipendente avrebbe dovuto percepire se il suo contratto fosse stato correttamente adeguato.

Fatta questa opportuna premessa si può dunque affermare che i dipendenti pubblici possono chiedere allo Stato il risarcimento per inadempimento per il periodo successivo alla pubblicazione della sentenza, ossia dal 30 luglio 2015 e fino alla data in cui avverrà l’effettivo rinnovo del contratto. Per i periodi pregressi, cioè per il blocco della contrattazione negli anni che precedono la sentenza, è possibile chiedere un indennizzo da “attività legittima” dello Stato.

Da gennaio 2010, pertanto, i dipendenti pubblici non hanno mensilmente percepito l’adeguamento del loro stipendio a causa di un provvedimento legislativo che nel 2015 è stato cancellato dalla Corte Costituzionale. Il disagio economico è stato patito in diretta conseguenza di una norma che non esiste più dal mese di agosto 2015. Ma nonostante questo il blocco è oggi ancora attivo e gli adeguamenti non arrivano. È di tutta evidenza che i dipendenti pubblici hanno diritto a richiedere gli incrementi stipendiali che avrebbero dovuto ricevere nei circa 85 mesi finora trascorsi. Pertanto ciascun lavoratore statale può richiedere giudizialmente allo Stato il risarcimento e l’indennizzo per aver patito il blocco dichiarato incostituzionale.

E tra indennizzo (dal 2010 al 30.07.2015) e risarcimento (dal 30.05.2015 all’effettivo rinnovo) si parla di cifre molto elevate che nulla hanno a vedere con il contentino dell’una tantum di cui si discute in questi giorni.



[1] Corte Costituzionale, sent. n. 178 del 24.06.2015.

[2] L. n. 448/1998.

[3] dall’anno 2010 è stato disposto dall’art. 9 comma 17 del D. L. 78/2010 convertito dall’art 1 c. 1 della L. n. 122/2010.


Samperisi&Zarrelli Studio Legale 
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