Il Tribunale di Bari ha riconosciuto al lavoratore il diritto alla retribuzione spettante per la vestizione e svestizione e ha condannato il datore di lavoro al pagamento degli arretrati.
Del c.d. "tempo di
vestizione" ci eravamo già occupati in altri approfondimenti
precedenti (http://samperisizarrelli.blogspot.it/2017/04/tempo-di-vestizione-e-diritto-alla.html)
nei quali abbiamo messo in luce il diritto del lavoratore a vedersi retribuito
anche per il tempo necessario ad indossare e poi togliere gli
abiti da lavoro.
Ma andiamo per ordine.
Che cos’è
il c.d. tempo di vestizione?
Il tempo
di vestizione (anche noto come "tempo tuta") è il tempo
che il dipendente impiega per indossare e poi togliere la divisa o
gli abiti di lavoro.
Si pensi,
ad esempio, ad un infermiere. Detto operatore, per ragioni igieniche e
sanitarie, dovrà necessariamente indossare un camice ed effettuare -
prima di prendere servizio - tutta una serie di operazioni propedeutiche
allo svolgimento dell’attività lavorativa. Tali operazioni, a maggior ragione,
dovranno essere svolte dai medici o dagli "addetti" ai laboratori
analisi.
Si tratta,
in ogni caso, di operazioni che richiedono – prima e dopo lo svolgimento
dell’attività lavorativa "vera e propria" - ulteriore tempo. Tempo
definito, per l’appunto, "di vestizione".
Sono molte
in realtà le professioni che devono essere svolte necessariamente "in
divisa".
Si pensi ad
uno chef che è sempre a contatto con il cibo o, ancora, al personale di talune
aziende che impongono ai propri dipendenti - per le più svariate ragioni (di
protezione da eventuali rischi, igieniche, sociali, o semplicemente estetiche)
- di indossare determinati abiti da lavoro.
Anche il tempo
per indossare la divisa ("tempo tuta") è considerato orario
lavorativo e, per questo, va retribuito. A questa conclusione è
arrivato il Tribunale di Bari con la recentissima pronuncia n.
1401/2017 con cui ha condannato l'Asl locale al pagamento di 165.000,00
euro nei confronti di tredici dipendenti ai quali dal 1995 l’azienda non pagava
il tempo speso per indossare la divisa obbligatoria.
Tempo che è
stato stimato di 20 minuti: 10 prima del turno di servizio e 10 il turno,
intervalli ritenuti rispettivamente necessari per indossare la divisa di lavoro
e per toglierla.
Nella sentenza si legge infatti che:
“Rientrano nell’ambito del lavoro
effettivo ex art. 6 RDL 692/23 anche i lavori preparatori e
complementari che debbano eseguirsi al di fuori dell’orario normale delle
aziende.
Costituiscono lavori preparatori e
complementari rientranti nell’orario di servizio, quelli che siano
strettamente necessari per predisporre il funzionamento degli impianti e dei
mezzi di lavoro, per apprestare materie prime, per la pulizia, per
l’ultimazione e lo sgombro dei prodotti ed in genere tutti gli altri servizi
indispensabili ad assicurare la regolare ripresa e cessazione del lavoro nelle
industrie a funzionamento non continuativo, limitatamente al personale addetto
a tali lavori.Ai sensi dell’art. 2 punto 1 della Direttiva 23 novembre 1993 n. 93/104 del Consiglio dell’Unione Europea rientra nell’orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
Sulla scorta della sentenza in commento è
verosimile presumere che saranno numerose le categorie di lavoratori che
rivendicheranno il diritto a percepire dal proprio datore di lavoro gli
emolumenti non versati in considerazione del "tempo di lavoro effettivo"
(tempo tuta) non retribuito.
Studio Legale Samperisi&Zarrelli
Produzione Riservata
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