I principi e le norme che
regolamentano, nel mondo medico, la
materia dell’orario massimo di lavoro,
dei turni di pronta disponibilità,
dei riposi, delle pause e delle ferie sono stati oggetto di grande dibattito.
Per molti anni, infatti,
il Legislatore italiano ha cercato di negare ai dirigenti medici ed ai sanitari
dipendenti delle Aziende Sanitarie
Pubbliche il diritto ad evitare eccessi
lavorativi prolungati e ad usufruire dei riposi nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, con il
risultato che i medici erano costretti a turni
di lavoro spesso e volentieri "massacranti".
Per questo motivo sono in
corso diverse azioni per il risarcimento del danno derivante dall’illegittimità dell’orario di lavoro e solo a partire dal 2014, il Governo italiano è riuscito ad apportare le
necessarie modifiche legislative a tutela del personale medico-sanitario [1].
Cosa
prevede attualmente la legge?
- Durata massima dell’orario di lavoro: non si può lavorare per più di 48 ore a settimana, straordinari compresi [2].
- Riposo giornaliero: il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore [3].
La
legge precisa, poi, che il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo, salvo che per le
attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, ossia per
quelle attività che per loro natura sono svolte in modo discontinuo.
L’esempio
più tipico è quello della c.d. reperibilità
o pronta disponibilità medica.
Il
servizio di pronta disponibilità è
caratterizzato dalla immediata
reperibilità del medico e
dall’obbligo per lo stesso di raggiungere la struttura sanitaria nel più breve
tempo possibile dalla chiamata.
La legge [4] prevede che:
- L’istituto della pronta disponibilità può essere utilizzato solo per coprire turni notturni o festivi.
- La regola è che i turni di pronta disponibilità coperti dal singolo dirigente medico non siano più di dieci al mese.
Il
rispetto dei predetti limiti è importantissimo. Specialmente per la professione
sanitaria, infatti, orari di lavoro "umani" alternati a riposi
sufficienti servono proprio ad evitare che l’eccessivo affaticamento del personale medico-sanitario possa costituire un pericolo
per la salute e l’incolumità dei
pazienti.
Cosa succede nella realtà?
Purtroppo,
nel mondo medico, la realtà dei fatti si discosta molto dal dettato normativo.
Nell'attuale
contesto sanitario, caratterizzato dal contenimento delle spese e dal c.d. blocco del turn-over, la corretta applicazione della legge
risulta quasi impossibile e potrebbe comportare problematiche non indifferenti.
Per sopperire a tali problematiche si
sono rese necessarie delle deroghe,
soprattutto per far fronte alle sempre più numerose situazioni di carenza di organico.
A tal proposito, tuttavia, si deve
tenere a mente che la previsione di tali deroghe deve rispettare il dettato
della normativa Europea [5].
Con un’importantissima direttiva,
intatti, il Consiglio d’Europa ha precisato che le norme in materia di riposo
giornaliero, pause, riposo settimanale, durata massima dell’orario di lavoro e
durata del lavoro notturno possano essere derogate soltanto a condizione che ai lavoratori interessati siano
accordati periodi equivalenti di riposo
compensativo o, in casi eccezionali, in cui la concessione di tali periodi
equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a
condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.
Ed invero, adottare delle specifiche tutele in un settore così
delicato qual è quello della assistenza medica costituisce per l’azienda
sanitaria un dovere etico, prima ancora che un obbligo formale di legge.
L’inerzia dei soggetti istituzionali
che dovrebbero provvedervi, infatti, comporta per i medici la sopportazione di
"turni massacranti" che aumentano i rischi di c.d. errore
clinico ai danni dei pazienti.
Ciò posto, pensando di fare cosa utile,
si elencano qui di seguito alcune situazioni che, sebbene molto diffuse nella
prassi, si rivelano illegittime o tali da esporre di fatto il medico al rischio
di un affaticamento che può
risultare dannoso per la salute e pericoloso per il paziente.
·
L’istituto
della pronta disponibilità può essere utilizzato solo per coprire turni notturni o festivi.
Opzioni diverse, pur se notoriamente diffuse, quali la pronta disponibilità pomeridiana dalle 16 alle 20, costituiscono
una violazione della legge.
· La
regola è che i turni di pronta disponibilità coperti dal singolo dirigente
medico non siano più di dieci al mese. In tale ambito, tuttavia, le eccezioni
sono diventate la regola e in molte realtà il numero dei turni mensili di pronta disponibilità coperti dai
singoli medici supera non sole le 10, ma anche le 15 unità.
· La
previsione di due o più turni
consecutivi di pronta disponibilità di 12 ore è illegittima;
·
A
fronte di un turno di guardia notturna
deve essere lasciato libero il giorno prima ed il giorno dopo di guardia
stesso. Opzioni diverse sono contrarie al dettato normativo.
·
Non
si può affidare un turno di pronta disponibilità che va dalle 20 alle 8 del
mattino al dirigente medico che sia stato in servizio dalle 14 alle 20 del
giorno precedente;
· A
fronte di un turno notturno di pronta disponibilità deve essere lasciato libero il pomeriggio precedente ed
il mattino successivo. Si profilerebbe in caso contrario una turnazione
"massacrante".
Al
riguardo, preme sottolineare che sarebbe consigliabile la segnalazione delle
eventuali violazioni, al fine di una loro eliminazione o quanto meno per cercare
di correggere le cause (prima tra tutte la carenza di organico) che le hanno
determinate.
Si
resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.
[2] Art.
4 del D. Lgs n. 66 del 08.04.2003, la cui applicabilità è stata ripristinata per
la dirigenza medica in forza del comma 1 dell’art. 14 della l. n. 161 del
30.10.2014. Tale articolo è rubricato "Durata massima dell’orario di
lavoro" e dispone, al comma 2, che "la
durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni
periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro
straordinario".
[3]
Art. 7 del D. Lgs n. 66 del 08.04.2003. Tale norma statuisce che "il lavoratore ha diritto a undici ore di
riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere
fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di
lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità".
[4] Cfr. Art. 17 del Ccnl 2002_2005.
[5] Direttiva 93/104/CE del 23.11.1993.
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