mercoledì 8 febbraio 2017

D’ora in poi i figli potranno avere il cognome della madre

Con una recentissima sentenza destinata a passare alla storia [1], la Corte Costituzionale ha stabilito per la prima volta che i figli non dovranno più avere obbligatoriamente il cognome del padre.
La Consulta, infatti, ha dichiarato incostituzionale la norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno quando è presente una comune volontà da parte dei genitori di attribuire al figlio anche il cognome della madre.
Se sono d'accordo, quindi, i genitori potranno dare al figlio il doppio cognome o anche solo il cognome della madre.
La sentenza della Consulta trae le sue origini dal ricorso di una coppia italo-brasiliana che richiedeva di poter registrare il proprio figlio, avente doppia cittadinanza, sia con il cognome del padre che con quello della madre.
La richiesta della coppia era stata respinta in base ad un’antica consuetudine secondo la quale ai figli nati nel matrimonio deve essere attribuito esclusivamente il cognome del padre di famiglia, con il (problematico) risultato che mentre in Brasile il bambino poteva essere registrato con il doppio cognome, in Italia la registrazione poteva avvenire solo per il cognome paterno.
In secondo grado, la Corte d’appello di Genova sollevava la questione di legittimità costituzionale.
La Corte, investita della questione, ha stabilito che d’ora in poi i figli ben potranno avere il cognome della madre accanto a quello del padre.
A tal fine non sarà più necessario avviare infinite lungaggini burocratiche: l’unico requisito richiesto sarà  la volontà ed il comune accordo dei due genitori.
Si ricorda, infatti, che prima del dictum della Corte Costituzionale l’unico modo per ottenere il doppio cognome per il figlio passava attraverso un intricato iter burocratico che prevedeva una richiesta al Prefetto, la cui decisione era discrezionale e quindi tutt’altro che certa.
Da adesso in poi, invece, si userà un criterio più rispettoso dell’autonomia e della parità tra i coniugi e non più relegato ad una vetusta consuetudine, frutto di una civiltà patriarcale che, dati i tempi, non ha più ragione di esistere.


 [1] Corte Cost., 8 novembre – 21 dicembre 2016, n. 286; Grossi Presidente - Amato Redattore

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