Pensiamo
al caso di un collezionista che per
passione o, più semplicemente, perché non gli manchino i mezzi economici
acquisti nel tempo preziose opere d’arte.
Cosa
succede, se dopo alcuni anni, l’acquirente si accorge che una di queste opere
altro non è che un falso?
Quali
tutele può invocare il compratore che, credendo di acquistare l’opera di un famoso
autore, si ritrovi a custodire il dipinto di un qualsiasi pinco pallino che di "artistico" possedeva solo la
capacità di falsificare opere famose [1]?
La
risposta è semplice: al di là dei risvolti penali che assumono dette vicende, in
tali ipotesi l’acquirente avrà diritto alla restituzione di quanto pagato ed al risarcimento del danno.
Ebbene.
Se quanto sin qui detto potrebbe sembrare più che logico, ci si meraviglierà
nel sapere che non è stato sempre così.
In
realtà, originariamente si riteneva che il rischio
di acquisto di un’opera d’arte risultata in seguito essere falsa, ricadesse
esclusivamente sull’acquirente.
La
giurisprudenza, infatti, considerava talmente tanto difficile giungere alla
sicura determinazione della paternità
di un’opera da lasciare l’acquirente privo di qualsiasi tutela.
Il
contratto avente ad oggetto un’opera d’arte, dunque, era considerato alla
stregua di un contratto aleatorio.
Successivamente,
per fortuna, la giurisprudenza ha mutato orientamento ed ha cominciato a
considerare l’autenticità come un carattere essenziale del contratto
avente ad oggetto un’opera d’arte.
E
ciò per due ordini di ragioni.
Prima
di tutto perché l’autenticità di un’opera incide inevitabilmente sull’accordo delle parti e – quindi – sul prezzo.
In
secondo luogo, perché attualmente la legge impone al venditore di consegnare al
compratore un attestato di autenticità e
provenienza [2] e tale obbligo
viene adempiuto attraverso il rilascio di un certificato firmato che attribuisca – per l’appunto – la paternità
di un’opera ad un determinato autore.
Se quindi si scopre che l’opera venduta è
"un falso" l’acquirente avrà diritto alla restituzione di quanto pagato
ed al risarcimento del danno
Ed infatti, in tali ipotesi si è in presenza di
quella che in gergo giuridico viene definita una "vendita di aliud pro alio",
che – tralasciando il latino – si configura quando viene consegnato un bene
completamente diverso da quello pattuito.
In tal senso si è pronunciato, da ultimo, il Tribunale di Pescara [3], statuendo che
«in caso di vendita di un quadro come opera autentica di un determinato autore, qualora in un secondo
momento la tela risulti falsa, al compratore spetta il diritto
ad ottenere la risoluzione del contratto
per vendita di aliud pro alio».
Sulla base di questo principio il giudice,
accogliendo la domanda di una Cassa di risparmio, ha condannato i venditori
alla restituzione del prezzo ed al risarcimento del danno.
In casi analoghi a quello appena descritto, anche
la Corte di Cassazione [4], è ormai
unanime nel ritenere che l’acquirente ben potrà chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore [5].
Di conseguenza, come già sottolineato, spetterà
al compratore la restituzione del prezzo
ed il risarcimento del danno.
Al riguardo si segnala che, secondo la Suprema
Corte, il venditore in tali casi sarebbe tenuto non solo a restituire le somme
ricevute, ma anche a corrispondere gli interessi
legali maturati a decorrere dal giorno in cui è avvenuto il pagamento del
prezzo [6].
Quanto, invece, al danno risarcibile, esso consiste nel maggior valore (irrealizzabile per l’acquirente) che l’opera avrebbe
conseguito nel tempo se fosse stata
autentica.
È noto, infatti, che le opere d’arte acquistano
con il trascorrere del tempo non indifferenti maggiorazioni di valore.
Ciò detto, è importante sottolineare che il
passare del tempo non incide solo sul valore delle opere, ma anche – e
soprattutto – sul decorso della prescrizione.
Ed infatti, le descritte tutele azionabili
dall’acquirente sono soggette al termine di prescrizione decennale, che
decorre – secondo la giurisprudenza – dalla consegna dell’opera d’arte e non dal (successivo) momento in cui
l’acquirente si sia accorto, usando l’ordinaria diligenza, della falsità dell’opera.
A tal proposito è molto nota la vicenda di un
dipinto denominato "Gli Arcangeli" ed attribuito a Giorgio de Chirico, salvo poi scoprire che si trattava di un falso.
Questo dipinto era stato acquistato nel lontano
1970, ma la vicenda giudiziaria aveva avuto inizio – in sede civile – solo nel
1991, allorquando il compratore aveva citato in giudizio la galleria d’arte ed
il suo titolare.
Ebbene, all’esito di lunghe vicissitudini
processuali, la Suprema Corte pur riconoscendo il diritto dell’acquirente alla
restituzione del prezzo ed al risarcimento del danno, ha dovuto dichiarare che
tali diritti si erano orami prescritti [7].
Ciò posto, è molto importante che l’acquirente –
se nutre dei dubbi – si attivi in tempo ed esegua le dovute verifiche in relazione, ad esempio, al
periodo storico dell’opera, all’autenticità della stessa, valutando
attentamente la documentazione
consegnatagli dal venditore al momento dell’acquisto.
[1] È
d’obbligo precisare che non ci si riferisce ai c.d. "falsi d’autore" realizzati da artisti che riproducono opere molto note, specificando che si
tratta – per l’appunto – di una c.d. "copia
d’autore".
[2]
Art. 64 Cod Beni Culturali (D.Lgs. 42/2004 e successive modificazioni).
[3] Trib. Pescara
sent. n. 915 del 25.04.2016.
[4] Cfr. ex multibus Cass. Civ. n. 17995 del
01.07.2008.
[5] Cfr. art. 1458 cod. civ.
[6] Cfr. ex multibus Cass. Civ. n. 4604 del 22.02.2008.
[7] Cass. Civ. n.
19509 del 09.11.2012.
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