Sembra paradossale che proprio gli Stati Uniti di America, esportatori seriali di democrazia, dotati di una Carta dei diritti sin dal 1791, che sono stati la destinazione per eccellenza di milioni di emigrati provenienti da tutto il mondo in cerca di fortuna abbiano intrapreso una così dura politica di negazione di ogni diritto fondamentale verso i rifugiati.
Proprio gli Stati Uniti la cui Costituzione poggia sui valori illuministi del diritto alla vita, alla libertà, all’uguaglianza e alla ricerca della felicità.
Diritti inalienabili che, evidentemente, hanno una tiratura limitata alla luce delle politiche messe in campo da Trump.
Il 27 gennaio, infatti, nonostante gli scontri e le proteste, Trump ha firmato l'ordine esecutivo “Proteggere la nazione dall'ingresso di terroristi musulmani negli Stati Uniti”.
In particolare, l'ordine:
- sospende per 120 giorni l'intero sistema di ammissione dei rifugiati nel paese, lo U.S. Refugee Admissions Program (Usrap);
- limita per almeno 90 giorni l’ingresso di cittadini e migranti provenienti da alcuni paesi di Medio Oriente e Nord Africa, a maggioranza musulmana: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.
- sospende il programma di accoglienza dei profughi siriani a tempo indeterminato.
L'ordine di Trump, prevede che il numero complessivo dei profughi ammessi sarà abbassato da 110mila a 50mila con una revisione delle leggi statali sull'accoglienza dei rifugiati.
Nel 2016 una decisione analoga - che cercava di impedire il reinsediamento di rifugiati siriani nello stato- fu assunta dal governatore dell'Indiana ma fu presto bloccata da un Tribunale.
Anche rispetto alla decisione di Trump diversi giudici stanno manifestando il proprio dissenso e ben 16 procuratori generali hanno dichiarato che l'ordine è incostituzionale.
Un giudice federale di Brooklyn ha fermato temporaneamente l'espulsione per chi si trova già in territorio americano.
Gli avvocati stimano che siano circa 200 le persone bloccate negli aeroporti del paese.
Ma le censure di costituzionalità non sembrano preoccupare l'operato del Presidente, il quale preferisce circondarsi di fedelissimi e liquidare chi in qualche modo ostacola i suoi progetti.
Così, senza colpo ferire, il Capo della Casa Bianca ha fatto fuori Sally Q. Yates, segretario alla Giustizia - in carica fino alla conferma della nomina di Jeff Sessions - per avere scritto ieri a tutti gli avvocati del dipartimento di Giustizia di non difendere in tribunale la decisione di Trump sulla sospensione agli ingressi di rifugiati e cittadini in arrivo dai sette Paesi prevalentemente musulmani.
Come prevedibile, le reazioni alle politiche xenofobe non sono mancate: due iracheni con visto valido, detenuti in un aeroporto di New York, hanno sporto una denuncia contro il governo per violazione del giusto processo. Le organizzazioni per i diritti umani hanno annunciato la loro intenzione di citare in giudizio il governo.
Gli avvocati per i diritti civili hanno aspramente criticato l'ordine, sostenendo che le restrizioni in questione contraddicano i valori della storia americana.
Nel caos politico, giuridico ma soprattutto umano, ci viene in mente l'immagine di quella donna che con i suoi 93 metri di altezza domina l'intera baia di Manhattan.
Fu il dono che la Francia, patria e culla della coscienza illuministica, fece al neonato Paese con l'auspicio di un futuro di libertà, uguaglianza e fratellanza.
Nessun commento:
Posta un commento