lunedì 10 aprile 2017

UBER: per il Tribunale è concorrenza sleale

"La condotta di Uber comporta uno sviamento di clientela in danno di coloro che esercitano il servizio di taxi o di ncc rispettando le regole attualmente disciplinanti il servizio di trasporto pubblico non di linea" [1].

Prima di scendere nel merito della vicenda è bene premettere alcuni cenni su UBER: cosa è e come funziona?  
Si tratta di una multinazionale americana con sede a San Francisco, nata nel 2008 dall'idea di un ingegnere informatico e diventata ben presto un business miliardario. 
Uber ha l'obiettivo di fornire un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso una applicazione che mette in contatto diretto passeggeri e conducenti. 
Nonostante abbia incontrato molta resistenza nel suo cammino e, soprattutto, l'ostilità dei tassisti, oggi opera in 66 Paesi ed in oltre 500 città con un fatturato annuo da capogiro. 
Così come usufruire del servizio Uber è semplice tramite l'apposita App, per poter diventare autisti Uber non ci vogliono particolari formalità, basta il possesso di alcuni requisiti di base come avere la patente dal almeno tre anni e non aver riportato condanne penali. 
Non è richiesta, invece,  alcuna licenza che per i tassisti o gli autisti ncc è la voce di costo più consistente: una licenza infatti può arrivare a costare anche centinaia di migliaia di euro nelle città più grandi. 

Per tali ragioni i tassisti romani hanno incrociato le braccia e sono scesi in piazza. 
Per il tramite delle loro associazioni di categoria hanno anche presentato un ricorso al Tribunale di Roma che, con la  recentissima ordinanza dello scorso 7 aprile 2017, ha accolto le loro istanze e ha bloccato l'attività di Uber e dell'omonima App (Uber-black) su tutto il territorio nazionale per concorrenza sleale. 
Il Tribunale, oltre ad inibire l'esercizio dell'attività ha anche fissato una penale di € 10.000,00  per ogni giorno di ritardo nell'adempimento dell'ordinanza e dunque nella disattivazione del servizio

Nel medesimo senso del Tribunale capitolino si erano già pronunciati prima il Tribunale di Milano e poi quello di Torino. 

A detta del Tribunale di Roma nell'ordinanza in commento, gli autisti di Uber trarrebbero un indebito vantaggio dalla loro posizione, sia con riguardo all'accaparramento della clientela sia con riferimento alla possibilità di proporre prezzi più bassi non dovendo soggiacere alle tariffe predeterminate dalle autorità amministrative. 
Da tale situazione deriverebbe una condotta di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 n. 3 c.c. posta in essere da Uber sul territorio italiano e tale da legittimare l'inibizione della sua attività. 

Purtroppo in un'era di liberalizzazioni e nuove tecnologie, problemi e conflitti come quello in questione saranno sempre più frequenti e daranno nuovi argomenti agli operatori, primi fra tutti a quelli del diritto.

[1] Trib. Roma, ord. del 7.04.2016, RG. n. 76465/16, Dott. Landi.

Studio Legale Samperisi&Zarrelli
Produzione riservata

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