domenica 12 febbraio 2017

I SEGRETI E LE CHIACCHIERE DELL' AVVOCATO



Forse non tutti hanno mai prestato la dovuta attenzione ad uno degli aspetti più importanti e delicati della professione forense … ma riflettiamoci bene … uno dei più grandi segreti di un buon avvocato è quello di saper mantenere e custodire i segreti degli altri.
La regola, per farla breve, è sempre quella … «chi si fa i fatti suoi campa cent’anni» … ed ha tutto il tempo, quindi, di diventare un ottimo professionista.
Ora, senza che quanto detto possa far pensare ai crismi dell’omertà, chiariamo subito che ci si riferisce a qualcosa di molto più banale.
Tentare di ottimizzare le proprie chances di successo (nel lungo periodo) è semplice ed,  a tal fine, una delle regole del gioco è: NON METTERE IN PIAZZA I FATTI ALTRUI.

Analizziamo, parola per parola, la preposizione: NON METTERE IN PIAZZA I FATTI ALTRUI.

IN PIAZZA
Ove per piazza, può intendersi:
A) in senso fisico, la vera e propria “piazza”, quale culmine delle passeggiate e dei pettegolezzi di un paese;
B) in senso più “metafisico” altro luogo, ove avvengono – ad esempio - più influenti ed “aulici” incontri … basti pensare alla più chic delle sale riunioni presenti in uno Studio Legale.
C) in senso figurato, “mettere in piazza” significa dare adito al chiacchiericcio, a quel brusio inutile, sterile, ma che “fa tanto rumore”.

… Ebbene, che avvengano per strada o tra le mura di un prestigioso studio, che avvengono in giacca e cravatta o in “casual - look ” se si tratta di  mere chiacchiere, al di là dell’outfit o dell’arredamento “di sfondo”, sempre chiacchiere rimangono … e le chiacchiere non pagano mai (un po’ come i clienti!) …
Oltre a non pagare, le chiacchiere fanno perdere un sacco di tempo … ed il tempo, si sa, è denaro!

I FATTI
In realtà i fatti “servono” all’avvocato …
Com’era quel latineggiante motto? Ah sì… «da mihi factum dabo tibi ius»…  che tradotto significa … parlami dei fatti tuoi, che vediamo cosa si può fare o – letteralmente – dammi un fatto che te lo “traduco” in diritto …
Ecco appunto, i fatti che “servono” all’avvocato sono quelli che rilevano per il diritto, quelli giuridicamente degni di attenzione … tutti gli altri non dovrebbero interessare all’avvocato ed una volta ascoltati, andrebbero subito dimenticati.
Eh sì … perché il buon avvocato deve sapere ascoltare … ma deve sapere ascoltare bene … fare una cernita dei fatti rilevanti e tenerli ben distinti da quelli irrilevanti … capire ciò che serve e chiudere in un cassetto ciò che non serve … mai “familiarizzare” con le lamentele (alias piagnistei) del cliente, traendone solo la linfa vitale per un valido impianto giuridico.
Conservare la chiave del cassetto di cui sopra … eventualmente riaprirlo solo al momento del calcolo della parcella. 

ALTRUI
Quando parliamo dell’ALTRUITÀ dei fatti da evitare di “mettere in piazza”, ci si riferisce:
- ai fatti del CLIENTE di turno;
- ma anche ai fatti dei COLLEGHI.
 
IL CLIENTE
Il buon avvocato dovrebbe sempre diffidare dall’arcana figura del cliente “chiacchierone”.
Il classico cliente che prima di raccontarti i “fatti suoi” … prima di arrivare al dunque … sottopone l’interlocutore alla teogonia di generazioni e generazioni, che riposano in pace (amen).
E parla … parla … infinitamente parla e più straparla più c’è da star certi che non dirà mai la verità, tutta verità, nient’altro che la verità.
In questi casi, un’ottima strategia di sopravvivenza sarebbe quella di utilizzare il cervello ad intermittenza, spegnendolo all’occorrenza.
Nei casi in cui detta strategia non sia adoperabile un buon piano B è rappresentato dalla c.d. tecnica delle percentuali.
Detta tecnica consiste:
1) nel suddividere il discorso del cliente in parti uguali, considerandone buone e veritiere piccole dosi percentuali (oscillanti il più delle volte tra il 10 % ed il 30%);
2) nel dimenticare tutto il resto, chiuderlo nel solito cassetto, buttare la chiave.

Le predette tecniche si manifestano tanto più efficaci, quanto più si consideri che l’avvocato quasi mai avrà il “privilegio” di conoscere in anticipo la verità. La verità vera, quella – cioè - che si può ricostruire (o tentare di ricostruire) solo sentendo le due campane, solo conoscendo le versioni delle parti e delle controparti, solo tenendo a mente gli interessi di tutti i soggetti coinvolti in una vicenda.
E purtroppo questa prerogativa non spetta all’avvocato, che è ontologicamente una figura di parte … è un “onore” che è dato solo ai Giudici.

I COLLEGHI
Il buon avvocato dovrebbe, inoltre, fidarsi poco anche del collega che parla troppo.
Sia che parli dei propri clienti, sia che parli di altri colleghi.
Nel primo caso siamo davvero all’A-B-C … ed il consiglio è quello di cambiare proprio professione.
Chi “mette in piazza i fatti” del proprio cliente evidentemente non conosce il codice della privacy … e farebbe bene a chiudere (sempre nel solito cassetto) anche il codice civile e quello penale, che oltre ad essere più voluminosi sono anche meno intelligibili dei giornaletti di gossip.

L’avvocato che spera in una carriera di successo, inoltre, dovrebbe sempre evitare di “criticare” la professionalità altrui.
Professionalità di cui si è evidentemente carenti, se si ha addirittura il tempo di pensare e di parlare  (peraltro male) di quella degli altri!

Detto ciò, il bravo avvocato è colui che chiacchiera poco.

E ciò vale, in ogni dove.

In Paese, l’avvocato chiacchierone è facilmente “rintracciabile”. Sicuramente passerà più tempo in “Piazza” che in Studio ed avrà un giro di clienti tanto maggiore, quanto più sarà larga la cerchia dei suoi parenti. Ma nei paesi, si sa, si conoscono tutti … e la magia – per l’avvocato avvezzo più al gossip che al diritto  - si spezzerà non appena le chiacchiere giungeranno all’orecchio del c.d. “stracciaparente”.
Stracciaparente = impersonificazione del soggetto che conosce bene Tizio e Caio, che sono a loro volta parenti di Sempronio, del quale l’avvocato di cui sopra ha maldestramente parlato male alla presenza di  un altro soggetto dalle origini familiari ignote.

E dal giro delle chiacchiere non si sfugge nemmeno nelle grandi città, ove le stesse corrono solo più lente, ma arrivano a destinazione sempre e comunque (ci mettono solo più tempo).

Per non parlare, poi, delle grandi boutique di eccellenza giuridica, alias i mega Studi Legali, composti da un  Capo e da un numero X di professionisti, che lavorano non per se stessi e nemmeno per i clienti ma (appunto) per un capo che assurge, quasi alla stregua di pater familias. Famiglia, nella quale – però –  mai più azzeccato è il detto «parenti serpenti» ed in cui la batracomiomachia di chiacchiere, si gioca  tra i professionisti stessi.
Batracomiomachia = dal greco: guerra tra topi e rane, ossia vana, inutile e combattuta per futili motivi, fini a stessi.
Il cui campo “di battaglia” non è di certo una “piazza”, ma una più professionale sala riunioni. I contenuti e soprattutto il livello del chiacchiericcio, tuttavia, è uguale. Cambia solo la location (che magari è più fashion!).

In definitiva uno dei segreti del grande avvocato è saper mantenere i segreti altrui e non lasciarsi trascinare dal chiacchiericcio.
In ogni luogo e con chiunque si abbia a che fare.
Certo … valgono le eccezioni … si sa, agli avvocati piace parlare … anche solo per pura retorica …
Retorica = arte dello scrivere e del parlare in maniera persuasiva, dicendo tutto ma anche il contrario di tutto, alias – spesso e volentieri – “buttarla in caciara”.

Ma come detto sopra, le chiacchiere sono come i clienti … è raro che paghino, ciò che è certo è che fanno perdere un sacco di tempo … ed il tempo è denaro.

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