Il rinnovo automatico delle concessioni
demaniali marittime sarà vietato e dal 2020 avverrà sulla base di procedure
pubbliche
A tutti sarà capitato di andare al mare e
di utilizzare i servizi degli stabilimenti
balneari: lettini, ombrelloni, docce, cabine. A pochi sarà, invece,
capitato, di apprendere come funziona il sistema delle concessioni delle spiagge e soprattutto come cambierà dal 2020. Tra
qualche anno, infatti, potrebbe non valere più il ritornello di una nota
canzone: «Per quest’anno non cambiare: stessa spiaggia, stesso mare». Le cose,
infatti, cambieranno e se siamo abituati ad andare ogni anno nella stessa
spiaggia, è bene sapere che dalle prossime stagioni il nostro
"stabilimento di fiducia" potrebbe esser gestito da personale
diverso. Vediamo perché.
Spiagge
e stabilimenti balneari: la situazione in Italia
Il lido
del mare e la spiaggia sono, per
legge [1], beni appartenenti allo
Stato. Si tratta, infatti, di beni che, per la loro naturale attitudine a
soddisfare interessi pubblici non possono che essere di demanio pubblico. Più precisamente, al riguardo, si parla di demanio marittimo, che spesso è oggetto
di concessioni da parte dello Stato
nei confronti di determinate imprese specializzate nel settore. Dette imprese,
proprio in forza di una concessione di
demanio marittimo, possono gestire – su una determinata spiaggia e su un
determinato lido – attività turistiche, attività ricreative e possono, dunque,
creare degli stabilimenti dotati di bar, ristoranti, ombrelloni, sdraio: insomma,
tutto ciò che siamo abituati a vedere quanto andiamo al mare e non sostiamo in
una spiaggia libera.
Concessioni
del demanio marittimo: la situazione in Italia
In tema di concessioni del demanio marittimo, per troppo tempo il sistema
italiano è stato contrario alle previsioni europee, ma dal 2020 si cambia
rotta.
Vediamo in che senso.
Attualmente, il nostro ordinamento prevede
il rinnovo automatico delle
concessioni. Rinnovo predisposto generalmente in favore del concessionario uscente e, dunque,
sempre nei confronti della medesima impresa.
Circa l’origine storica della vicenda, deve
precisarsi che l’utilizzabilità del demanio marittimo per finalità turistiche e commerciali ha avuto il
suo primo riconoscimento ufficiale nel 1977 [2]. Poi, in considerazione dell’enorme potenziale economico e
lavorativo che dava lo sfruttamento del litorale,
si scelse un sistema di rinnovo
automatico senza limiti temporali. Così i gestori degli stabilimenti
balneari iniziavano quasi a considerare il litorale come una sorta di proprietà privata ed allo stesso tempo
iniziavano a fare investimenti e opere per il suo massimo sfruttamento
economico.
Si stima, infatti, che le imprese turistiche
del settore siano oltre 30mila.
Concessioni
del demanio marittimo: cosa c’è "che non va" in Italia
Facile intuire che il sistema di rinnovo automatico delle concessioni
possa creare ingiustificate situazioni di privilegio nei confronti di chi è già
in possesso di una concessione ed, allo stesso tempo, impedisca di effettuare
una selezione imparziale e trasparente dei potenziali candidati all’ottenimento
di analoga concessione. La pratica dei rinnovi automatici, in altri termini, peccherebbe
di "falsare la concorrenza", violando i principi (appunto) della
libera concorrenza e della libertà di stabilimento.
Concessioni
demanio marittimo: la normativa europea
Il sistema
italiano, così come organizzato, è in contrasto con la normativa comunitaria in tema di libertà di stabilimento ed in particolar modo con la c.d. direttiva Bolkestein risalente al 2006 [3].
Detta direttiva
impone alla pubblica amministrazione di utilizzare i principi della trasparenza
ed imparzialità nelle concessioni, che dovrebbero – dunque - essere rilasciate non
automaticamente, ma mediante l’utilizzo di procedure
pubbliche di selezione tra i soggetti interessati.
Ma la direttiva,
per sua stessa natura, non è immediatamente
efficace e vincolante nei confronti degli Stati dell’Unione europea, richiedendo
piuttosto che questi vi si adeguino adottando tutte le norme necessarie per
darle concreta esecuzione.
L’Italia ha
provveduto al suo recepimento –
peraltro parziale – solo nel 2010 [4]
e per tale motivo ha subito una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea (una sorta di procedimento disciplinare che
l’Europa effettua nei confronti degli Stati che violano gli obblighi derivanti
dal diritto dell’Unione europea).
È da dire però
che dal 2010, in ogni caso, non si possono rilasciare nuove concessioni senza
un preventivo - e adeguatamente pubblicizzato - procedimento di selezione tra i
soggetti interessati.
Concessioni
demanio marittimo: cosa cambia dal 2020?
L’adeguamento alla direttiva è un procedimento legislativo abbastanza
complesso perché richiede la modifica e/o abrogazione delle norme con essa
incompatibili, l’adozione di quelle mancanti, la tutela di diritti nel
frattempo sorti ecc. Allo stesso tempo trova anche l’ostilità di quelle categorie
professionali – i gestori degli stabilimenti balneari nel caso di specie –
contrarie alla perdita di un diritto oramai acquisito e consolidato.
Si tratta, dunque, di un percorso graduale
che, nel caso di specie, è iniziato nel 2010 e che dal 2020 cambierà in modo
definitivo il modello delle concessioni del demanio marittimo.
L’adeguamento alla normativa europea ha
condotto ad un sistema di liberalizzazioni prorogando le concessioni in essere fino
al 31 dicembre 2020. Da quella data la concessione delle spiagge e del demanio
marittimo saranno messe all’asta. Dunque, la
selezione - imparziale e trasparente
- avverrà tra tutti i candidati e non solo tra coloro che, ormai da
tempo, gestiscono lo stesso lido in forza di rinnovi automatici e tali da
creare ingiustificati privilegi. Si aprirà, quindi, una gara nella quale potranno "risultare vincitori", in base
a determinati requisiti e criteri, tanto i "concessionari abituali"
che le nuove imprese specializzate nel settore.
[1] Art. 822 Cod. Civ.
[2] Art. 59, Dpr. n. 616 del
24.07.1977.
[3] Direttiva
2006/123/CE del 12.12.2006.
[4] D. lgs. n. 59 del 26.03.2010.
Samperisi&Zarrelli Studio Legale
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