I costi per il ricovero
in RSA di pazienti non autosufficienti
gravi o con patologie degenerative croniche sono a carico totale della Sanità
Pubblica
Il Tribunale di Monza, con una recentissima
pronuncia [1], è tornato ancora una
volta sul tema della gratuità delle cure, stabilendo che per i pazienti malati
di alzheimer e per quelli che non
hanno altre possibilità terapeutiche, la retta
di ricovero in RSA deve ritenersi a carico del Servizio sanitario Nazionale.
Il
caso riguardava un paziente affetto da disturbo
psicotico grave ed altre patologie, in considerazione delle quali il Giudice ha ritenuto che la spesa per il
suo ricovero dovesse ritenersi
esclusivamente a carico della Sanità
Pubblica e non del paziente o della sua famiglia.
Per
questa ragione, il Tribunale, richiamando i principi sanciti dalla Corte di
Cassazione [2], ha solennemente
affermato che le prestazioni di natura socio sanitaria ad alta
integrazione sanitaria (dalla quale vanno esclusi solo i
ricoveri meramente sostitutivi dell’assistenza familiare) vanno interamente considerate terapie
rese nell’ambito della gratuità di sistema.
E
ciò deve ritenersi anche qualora dette cure siano poste in esser insieme a
quelle strettamente connesse, inscindibili e strumentali di tipo alberghiero.
Il principio espresso dal Tribunale di Monza si colloca nel solco di un precedente assunto reso
dallo stesso Tribunale nello scorso mese di marzo [3] e conferma le decisioni costanti di tutti i Tribunali della
penisola [4], nonché i principi della
Suprema Corte.
Eppure, nonostante tutto, un numero sempre maggiore di
famiglie risulta attanagliato dalla scure della retta da pagare per i propri parenti ricoverati nelle RSA.
Generalmente, infatti, la pensione del paziente è insufficiente a coprire i costi della retta
e perciò tantissimi familiari si
trovano costretti a dover contribuire con il loro reddito a tale ingiusto pagamento.
Con non pochi sacrifici, infatti, vengono costretti all’impegno di spesa e, quando, non
riescono a provvedere al pagamento vengono anche costretti a farlo attraverso
procedimenti giudiziari.
Tale situazione, alla luce dei principi affermati, sembra
inverosimile e paradossale, eppure è la realtà.
In simili situazioni, invero, nulla
potrebbe richiedere la RSA per il ricovero al paziente né ai suoi familiari, né
tantomeno potrebbe minacciarne le dimissioni senza esporsi al rischio di
commettere un reato.
Ciò
posto, la giurisprudenza ha sancito che eventuali atti di impegno da
sottoscrivere sono nulli e, se già sottoscritti, revocabili.
Da un punto di vista pratico, è
altresì opportuno, in primo luogo e nei casi in cui ve
ne fosse bisogno, rappresentare la persona gravemente malata,
promuovendo la nomina di un Amministratore di Sostegno per
poter azionare i diritti per conto dell’interessato.
[1] Trib.
Monza, sent. n. 1964 del 22.06.2017;
[2] Cass., sent. n. 2276 del 9.11.2016;
[3]
Trib. Monza, sent. n. 617 del 1.3.2017;
[4] Cfr., ex multibus, Trib. Verona, sent. n. 689 del 21.3.2016.
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