sabato 24 giugno 2017

La tutela dei malati di Alzheimer (F.A.Q.)


Il più delle volte il morbo di Alzheimer non colpisce solo il paziente, ma anche i suoi congiunti, che si trovano a dover affrontare - oltre alla malattia del proprio caro - anche la carenza della giusta tutela da parte delle Strutture che dovrebbero essere a ciò adibite.
Ed infatti, lo scrivente Studio Legale continua a ricevere richieste di assistenza da parte dei parenti dei malati di Alzheimer, che – ricoverati in ospedale o in case di cura convenzionate – rischiano di essere dimessi.
A seguito delle numerose domande pervenute, provvediamo – qui di seguito – a fornire risposta ai Vostri interrogativi più frequenti.

Ci si può opporre alle dimissioni del paziente malato di Alzheimer?

La risposta è sì.
In base alla legge [1], infatti, il cittadino può sempre presentare osservazioni e contestazioni in materia di sanità, potendo – inoltre – opporre il proprio rifiuto alle dimissioni dall’ospedale o dalla casa di cura.

Quando ci si può opporre alle dimissioni ?

In particolare, i congiunti del malato o il malato stesso (se in grado di intendere e di volere) si possono opporre alle dimissioni quando:

- Il paziente non sia in grado si badare a se stesso;

- Il paziente sia ancora malato. E cioè quando, nonostante sia passata la "fase acuta" egli necessiti (attesa la cronicità della malattia) di ulteriori cure che non possono essere praticate a casa, ma effettuate solo da un esperto (infermiere o medico);

Il rifiuto delle dimissioni è inoltre opponibile:

- Quando il malato e i suoi congiunti non hanno denaro sufficiente per pagare il ricovero presso strutture private a pagamento;

- Quando i servizi domiciliari offerti dalla sanità (ASL) o dal Comune, non garantiscono un'assistenza completa, con la conseguenza che il malato rischi di rimanere solo per molte ore del giorno e della notte.

Come si compone la retta di una RSA?

La retta di una RSA è composta da due parti: una quota sanitaria e una quota assistenziale o alberghiera.
La quota sanitaria viene pagata dallo Stato, la quota assistenziale o alberghiera, invece,  viene pagata in tutto o in parte dal malato, a seconda del suo reddito.
Se il malato non ha un reddito sufficiente, i costi dovranno essere sostenuti dai suoi parenti o congiunti.
Tuttavia, nel caso in cui l’assistenza sanitaria sia largamente prevalente – come avviene nel caso della retta Alzheimer RSA, questa necessariamente ingloberà anche l’assistenza alberghiera, con la conseguenza che tutti i costi dovranno essere a carico del Servizio Sanitario Nazionale.


Chi deve farsi carico dei costi per la cura dei malati di Alzheimer?


Sul punto si è espressa limpidamente la Corte di Cassazione [2], la quale ha affermato che le rette di ricovero presso enti pubblici o case di cura convenzionate non devono essere sostenute dal paziente o dai suoi parenti, trattandosi di spese che devono essere poste a carico esclusivo del Servizio Sanitario Nazionale
Quanto statuito dalla Corte di Cassazione è stato recentemente ribadito anche dal Tribunale di Verona [3].

Ecco il caso di specie.

Il figlio di una paziente malata di Alzheimer, a causa di problemi economici, non riusciva più a far fronte alle spese che avrebbero consentito alla madre di ricevere la necessaria assistenza presso la struttura ove la stessa era ricoverata.
Ebbene, la casa di cura, non ricevendo più i pagamenti relativi alla retta di  degenza  della paziente si è rivolta al Giudice, affinché quest’ultimo obbligasse il figlio della signora a provvedervi.
Di contro, schierandosi totalmente dalla parte delle famiglie con problemi simili al figlio dell’anziana donna, il Giudice ha chiarito nuovamente che per i malati di Alzheimer ricoverati presso strutture sanitarie pubbliche, le spese di ricovero e delle cure sanitarie sono gratuite.
Tali costi, infatti, devono considerarsi totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, con la conseguenza che, nei casi come quello di specie, nulla è dovuto dal paziente o dai parenti di quest’ultimo.
Ma non è tutto.
Con la decisione in commento, il Tribunale di Verona non solo ha dato torto alla struttura sanitaria, ma ha altresì condannato la medesima a restituire al figlio dell’anziana donna le somme che questi aveva già pagato in passato.


[1] In particolare,  l’articolo 41 della legge 12 febbraio 1968 n. 132 prevede che il cittadino possa presentare apposito ricorso in via amministrativa contro le dimissioni. 
L’articolo 4 della legge 23 ottobre 1985 n. 595 e l’articolo 14, n. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 consentono, inoltre, ai cittadini di presentare osservazioni e opposizioni in materia di sanità.
[2] Cass. Civ. sent. n. 4558 del 23.03.2012.
[3] Trib. Verona sent. n. 689 del 21.03.2016.


Se avete ulteriori domande scriveteci all’indirizzo: info@samperisizarrelli-legal.eu o sulla pagina facebook Samperisi & Zarrelli Studio Legale.

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