Le ore di sostegno e le altre misure
di assistenza previste dalla legge per gli alunni disabili non possono essere
eliminate o anche soltanto limitate per ragioni di contenimento della spesa pubblica.
I diritti degli alunni disabili devono
sempre prevalere sulle esigenze di
natura finanziaria dello Stato.
A fronte
dell’inviolabilità di questi diritti, le ragioni di contenimento della spesa
pubblica devono necessariamente fare un passo indietro.
La
ristrettezza (vera o presunta che sia) delle risorse pubbliche non può e non deve ritenersi una valida giustificazione
per ridurre le ore di sostegno e l’assistenza di cui gli alunni disabili hanno bisogno.
A sostenerlo è stato il Consiglio di Stato, il quale con una recentissima sentenza [1] ha affermato che «le Istituzioni
scolastiche ed il Ministero
dell’Economia e delle Finanze non possono impedire - per esigenze di contenimento della spesa pubblica -
l’effettiva fruizione delle ore di sostegno
e di tutte le altre misure di assistenza
previste dalla legge per gli alunni
disabili».
D’altronde,
il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di saper
custodire le vite più fragili.
Tutelare, nell’ambito delle scuole, gli alunni disabili è importantissimo.
Ancora più importante è l’attività degli insegnati
di sostegno che con il loro lavoro "sostengono" non solo gli
alunni e le loro famiglie, ma – a ben vedere – l’intera società.
Magistrali, al riguardo, le parole del Consiglio di Stato, a detta del
quale «l'inserimento e l'integrazione
nella scuola - con l'ausilio dall'insegnante di sostegno - anzitutto evitano la
segregazione, la solitudine, l'isolamento» e «rivestono
poi fondamentale importanza anche per la società
nel suo complesso, perché rendono possibili il recupero e la socializzazione.
Ciò in prospettiva consente ai disabili
di dare anche il loro contributo alla società».
La vicenda
La decisione del Consiglio di Stato prende le mosse da
una vera e propria "battaglia" portata avanti dalla madre di un bimbo disabile al quale erano
state negate le ore di sostegno che
gli spettavano di diritto.
Più precisamente, la donna aveva chiesto che la scuola alla quale il figlio
era iscritto riconoscesse al bambino - come da previsione di legge – 25 ore di
sostegno. Il dirigente scolastico,
tuttavia, acquisite le determinazioni dell'Ufficio
Scolastico Regionale, ha attribuito al bimbo soltanto 13 ore di sostegno.
Preso atto di tale ingiusta riduzione, la donna non si è arresa: ha impugnato la decisione
al Tar Toscana, che le ha dato
ragione, ordinando al Ministero
dell’Istruzione ed all’Ufficio
Regionale Scolastico di attribuire immediatamente 25 ore di sostegno al
bambino.
Anziché procedere in tal senso, il Miur e l’Ufficio Regionale hanno ben
pensato di impugnare la decisione del Tar dinanzi al Consiglio di Stato.
La decisione del Consiglio di Stato
Ebbene, i Giudici di Palazzo Spada - definitivamente pronunciandosi sul
punto – hanno dato nuovamente ragione alla madre del bambino, lanciando un
chiaro monito: i diritti degli alunni disabili devono prevalere sulle ragioni
di contenimento della stesa pubblica. Mere esigenze di natura finanziaria,
infatti, non possono giustificare tagli
sulle ore di sostegno o l’eliminazione di necessarie forme di tutela nei
confronti di alunni più "deboli e bisognosi".
Il Consiglio di Stato è giunto a tali conclusioni dopo aver svolto
un’attenta analisi della normativa e dei principi in materia di tutela degli
alunni disabili nella scuola. E non poteva essere altrimenti: ragionare
diversamente significherebbe, infatti, violare il diritto del minore disabile allo studio, alla sua integrazione sociale ed alla sua crescita umana.
Nella realtà dei fatti, purtroppo, sono molte le famiglie che si trovano in
situazioni analoghe e questa sentenza "pilota" – destinata a far
riflettere – è la prima (sicuramente di una lunga serie) a prevedere una tutela
così forte nei confronti degli alunni "più deboli".
[1] Consiglio di
Stato, sez. VI, sent. n. 2023 del 03.05.2017.
Samperisi&Zarrelli Studio Legale
Produzione riservata
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