Quando si parla di condominio si intende il
fenomeno giuridico della comunione negli edifici composti da più unità
abitative.
Quando si parla di condominio precostituito,
invece, si vuole alludere alla volontà dei comproprietari di un’area
edificabile di costruirvi un edificio in condominio, predeterminando i locali
che dovranno essere di proprietà esclusiva di ciascuno.
Secondo la dottrina prevalente l’accordo in
questione sarebbe qualificabile come divisione
di cosa futura, vale a dire che ciascun condomino sarà proprietario
esclusivo di una quota di immobile corrispondente alla quota di comproprietà
del terreno, ma la divisione avverrà al momento in cui il bene verrà ad
esistenza.
Da quanto detto deriva che se più soggetti
sono comproprietari di un terreno edificabile possono stabilire
convenzionalmente di costruire un condominio, ossia un bene con locali di
esclusiva proprietà di ciascuno e l’estensione di questi sarà proporzionale ai
millesimi a ciascuno spettanti sul terreno.
Il fenomeno della precostituzione di
condominio si fa tanto più frequente in occasione di demolizione di edifici
pericolanti ovvero in caso di totale perimento degli stessi per cause quali ad
esempio i terremoti.
L’esempio desta molta tristezza ma l’immediata
conseguenza giuridica qualora si intenda ricostruire l’immobile sullo stesso
terreno dove si trovava quello perento.
La disciplina di partenza è sempre quella del
Codice Civile anche se poi molte Regioni hanno emanato discipline specifiche in
occasione degli eventi sismici.
L’art. 1128 c.c. prevede espressamente che se
l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del
suo valore, ciascun condomino più chiedere la vendita all’asta del suolo e dei
materiali. Tuttavia i condomini possono convenire diversamente, ossia di
ricostruire l’edificio.
Ma che succede se uno o più condomini non
vogliono o non possono ricostruire? Evidentemente la scelta di ricostruire
importa un impegno economico che non tutti possono affrontare. Così il Codice Civile, al
quarto comma del predetto art. 1128 c.c., stabilisce che il condomino
dissenziente debba cedere la propria quota agli altri condomini o solo ad
alcuni di essi o anche a terzi.
Dunque, il condomino dissenziente è tenuto a
cedere i suoi diritti e dunque la sua quota: vi è una cessione coattiva che però non si verifica
automaticamente. L’obbligazione di cedere è attuabile però per il tramite dell’art.
2932 c.c., ossia mediante l’azione di esecuzione in forma specifica che
consentirà ai condomini di ottenere una sentenza che abbia l’effetto traslativo
della proprietà che si sarebbe dovuto realizzare mediante la conclusione di un
contratto di compravendita, se il condomino avesse prestato il proprio
consenso.
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