mercoledì 1 febbraio 2017

Che fare se la palazzina è crollata o è stata demolita?


Quando si parla di condominio si intende il fenomeno giuridico della comunione negli edifici composti da più unità abitative.
Quando si parla di condominio precostituito, invece, si vuole alludere alla volontà dei comproprietari di un’area edificabile di costruirvi un edificio in condominio, predeterminando i locali che dovranno essere di proprietà esclusiva di ciascuno.
Secondo la dottrina prevalente l’accordo in questione sarebbe qualificabile come divisione di cosa futura, vale a dire che ciascun condomino sarà proprietario esclusivo di una quota di immobile corrispondente alla quota di comproprietà del terreno, ma la divisione avverrà al momento in cui il bene verrà ad esistenza.
Da quanto detto deriva che se più soggetti sono comproprietari di un terreno edificabile possono stabilire convenzionalmente di costruire un condominio, ossia un bene con locali di esclusiva proprietà di ciascuno e l’estensione di questi sarà proporzionale ai millesimi a ciascuno spettanti sul terreno.
Il fenomeno della precostituzione di condominio si fa tanto più frequente in occasione di demolizione di edifici pericolanti ovvero in caso di totale perimento degli stessi per cause quali ad esempio i terremoti.
L’esempio desta molta tristezza ma l’immediata conseguenza giuridica qualora si intenda ricostruire l’immobile sullo stesso terreno dove si trovava quello perento.
La disciplina di partenza è sempre quella del Codice Civile anche se poi molte Regioni hanno emanato discipline specifiche in occasione degli eventi sismici.
L’art. 1128 c.c. prevede espressamente che se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascun condomino più chiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali. Tuttavia i condomini possono convenire diversamente, ossia di ricostruire l’edificio.
Ma che succede se uno o più condomini non vogliono o non possono ricostruire? Evidentemente la scelta di ricostruire importa un impegno economico che non tutti  possono affrontare. Così il Codice Civile, al quarto comma del predetto art. 1128 c.c., stabilisce che il condomino dissenziente debba cedere la propria quota agli altri condomini o solo ad alcuni di essi o anche a terzi.
Dunque, il condomino dissenziente è tenuto a cedere i suoi diritti e dunque la sua quota: vi è una cessione coattiva che però non si verifica automaticamente. L’obbligazione di cedere è attuabile però per il tramite dell’art. 2932 c.c., ossia mediante l’azione di esecuzione in forma specifica che consentirà ai condomini di ottenere una sentenza che abbia l’effetto traslativo della proprietà che si sarebbe dovuto realizzare mediante la conclusione di un contratto di compravendita, se il condomino avesse prestato il proprio consenso.

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